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Elefantentreffen 2004

Due parole di Poti...

Inizia tutto con una decisione, un’intima decisione.
Da qualche parte, durante l’anno, in un istante, in un preciso istante decidi di andare all’Elefantentreffen.
Superato il primo, enorme ostacolo, superata l’incertezza, si innesca un processo automatico più o meno lungo, più o meno laborioso, ma sempre simile.
Le tappe sono quelle.
Accordarsi con qualcuno. Quasi nessuno fa il viaggio da solo e se ciò accade è solo perché non si è riusciti in alcun modo a trovare compagni di viaggio.
Preparare la moto. Controllare motore, gomme e provare in ogni modo a salvaguardarla dal terribile sale di cui sono ricoperte le strade in inverno.
Preparare l’abbigliamento immaginando un freddo polare, un’aria gelida da tagliare per ore. Mani e piedi sono le parti più difficili da mantenere al caldo.
Poi c’è lo studio del percorso, degli orari, delle tappe e deve essere pianificato in modo da incontrarsi tutti e da arrivar su non troppo tardi.
Alimentazione, pernottamenti, attrezzature varie quali macchina fotografica o cinepresa, sono gli ultimi passi obbligatori, poi non resta null’altro che l’attesa, la lunga, interminabile, lentissima attesa.
Si arriva così all’ultima notte prima della partenza.
Si arriva così a quell’andare a letto con una marea di maglie, calze, guanti e sottocasco già provati e riprovati che vengono ammucchiati bene per essere indossati in fretta domani alle prime luci dell’alba.
Domani comincia l’avventura.
Domani partiremo in tanti un po’ da tutta Europa.
Domani ci saranno mille moto che cominceranno il loro lungo e freddo viaggio per incontrarsi tutte infine in quella gelida foresta.
Domani noi saremo intorpiditi, infreddoliti, imbaccuccati, un po’ assonnati, ma domani per noi comincerà l’avventura.
Perché?
Non lo so, ma a ripagarci è sufficiente anche il solo, primo, isolato saluto di un’altra qualunque moto che incontreremo lungo il nostro viaggio.

Le foto dell'Elefante 2004...

 

 

© 2002 Cimina - Aggiornato al 3/2/04